sabato 3 agosto 2013

Recensione VANDEN PLAS - BEYOND DAYLIGHT


Vanden Plas non è solo il nome di un antico produttore belga di carrozze, ma anche il monicker scelto nel 1985 da cinque (allora) ragazzi di Kaiserslautern per dare il proprio contributo artistico alla causa del progressive metal. Forti di un’acclamata discografia di sette album realizzati in studio dal 1994 al 2010, che ha dato loro l’occasione di esibirsi in tutta Europa al fianco di Dream Theater, Savatage ed Angra, solo per citarne alcuni, i Vanden Plas si sono conquistati sul campo uno status a suo modo di culto (numerosi sono i riconoscimenti guadagnati sulle specializzatissime pagine di Metal Hammer, Rock Hard, Burrn!, Aardschock e Flash), se non propriamente mainstream. Beyond Daylight, uscito nel 2002, è uno di quegli album ai quali non si possono non dedicare due righe, perchè le emozioni che regala meritano un riconoscimento pubblico ed una gratitudine che si possa condividere con l’attenzione del mio lettore. Descritto dalla critica come un disco dalla mentalità più aperta, atmosferico ed immediatamente accessibile (un elegante eufemismo per non usare l’aggettivo commerciale, temo), Beyond Daylight è un’affascinante catena di emozioni interconnesse, un concept costruito sulla continuità dei suoi movimenti, sulla circolarità dei testi, comunque libero dalle costrizioni del racconto. Prodotto da Markus Teske (già al lavoro con i Symphony X), il quarto episodio della discografia dei poliedrici artisti tedeschi (impegnati con progetti diversi, dal musical teatrale alla composizione dell’inno Keep On Running per la locale squadra di calcio) è una di quelle opere che trasudano qualità, ricercatezza e stile, sintesi felice di un’espressione musicale che è anche ragionamento, equilibrio malinconico, ponderazione e paziente rifinitura come nella migliore tradizione teutonica. Sin dalle prime note dell’opener Nightwalker si apprezza la capacità di combinare suoni neoclassici, partiture strumentali ed effetti funzionali in un insieme allo stesso tempo armonico e tecnico, perfettamente bilanciato alla ricerca di una complessità necessaria a definire uno stile, senza compromettere la potenza con la quale la melodia di ritornello e cori esplode. Al pari di certo gothic metal, a conquistare è proprio la girandola di emozioni creata da un mix di malinconia, tecnica, potenza ed effetti ambientali, che rende ogni brano di Beyond Daylight fruibile su una pluralità di piani, oltre la luce del giorno come il suo titolo invita ad immaginare. La ricchezza degli ingredienti fa in modo che la lunghezza delle tracce, che si estende spesso oltre i cinque minuti di esecuzione, non rappresenti mai un problema, nè motivo di ripetitività o noia: le tracce del disco sono infatti sinuosi serpenti pronti a cambiare continuamente pelle, infilandosi sibilanti negli anfratti di ogni battuta, cogliendo nel segno con un tocco minimo, e soprattutto senza cercare un compiacimento facile. La melodia, per quanto sempre presente e proposta dalla voce garbata di Kuntz, anche autore di tutti i testi, si pone quale indispensabile presupposto per uno sviluppo creativo continuo, e non come semplice fine per vendere qualche copia in più. Proprio quando la band sembrerebbe sul punto di indugiare su un movimento riuscito (“ti piace vincere facile?", chiedeva ammiccante la pubblicità) arriva lo stacco strumentale, il cambio di tempo, un dirompente passaggio in battere, un pezzo di inestricabile bravura che mantiene costantemente alta l’attenzione. Ritmi generalmente sostenuti e vitalità compositiva fanno in modo che l’ascolto si presenti sempre piacevole, dinamico, attento, pieno ma senza impegnare oltre il necessario, grazie al sapiente inserimento di frequentissimi cori, assoli e stacchi di batteria capaci di riportare l’esperienza ad una dimensione squisitamente down-to-earth. Nel frequente alternarsi di partiture e sonorità (chitarre acustiche, suoni elettronici di tastiera, doppia cassa, ritmiche alla Fear Factory) si coglie quell’affiatamento che eleva il pubblico a parte di uno sforzo condiviso, facendogli percepire - per quanto nella fredda ricostruzione di una registrazione in studio - l’autenticità della componente umana, l’approccio collaborativo, la volontà di assicurare ad ogni membro della band, lanciato in un assolo di tastiera o di chitarra, il proprio spazio espressivo. Nonostante la differenza di approccio - ora più potente ed ora più melodico/ballad - che contraddistingue i brani in tracklist, l’impronta dei Vanden Plas è talmente forte da forgiare il carattere dell’intero album, appena più interlocutorio nel descrittivo finale, restituendogli una personalità coerente e riconoscibile, un controllo autoritario ed un impegno incessante alla ricerca dell’invenzione. Per questo sarebbe certo possibile citare un brano rispetto all’altro, rischiando però di appiattire, catalogando, le sfaccettature che rendono ogni composizione meritevole di un ascolto. Complice una produzione perfetta, potente ed ariosa, sicura nell’accostare la delicatezza di uno strumento acustico alla potenza del doppio pedale, il disco ha il carattere dell’unexpected classic, al punto che qualche accostamento ai Queensryche che furono verrebbe pure voglia di azzardarlo nei momenti in cui più credibile e tridimensionale suona la ricostruzione di un’immagine, di un movimento, di una voce con la quale evochiamo il ricordo. Beyond Daylight è un disco pieno di entusiasmo strutturato e monumentale che riesce nell’intento di prendersi sul serio senza risultare supponente, proponendo una complessità funzionale all’armonioso svilupparsi delle sue tante melodie: un prog per tutti, insomma, un intreccio brillante e così intelligente da suonare facile senza esserlo affatto. Generosa e raffinata, tecnicamente ineccepibile senza sottrarsi all’intimità delle emozioni, quella offerta dal quintetto tedesco è una lunga ora di ottima musica senza prezzo (eppure il disco si trova a circa dieci meritatissimi euro su eBay, spese di spedizione comprese), che regala un valido pretesto per tornare ad acquistare Compact Disc ai quali affezionarsi, fisicamente: questa è musica da scartare ed annusare, riporre ed un attimo dopo di nuovo estrarre, toccare, cantare ed assorbire nota dopo nota, facendone proprie l’energia mai banale, la vibrazione e la dirompente creatività.

[8]

Progressive Power, 2002

InsideOut Music

Tracklist:
  1. Nightwalker
  2. Cold Wind
  3. Scarlet Flower Fields
  4. Healing Tree
  5. End Of All Days
  6. Free The Fire
  7. Can You Hear Me
  8. Phoenix
  9. Beyond Daylight
  10. Point Of No Return (cover dei Kansas)

Line-up:

Andy Kuntz (Voce)
Stephan Lill (Chitarra)
Gunter Werno (Tastiere)
Torsten Reichert (Basso)
Andreas Lill (Batteria)

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