giovedì 2 agosto 2012

Parola d'ordine, riciclare.


Riciclare, riciclare tutto. Riciclare il cibo (vedi pennette integrali al pesto rosso dell'Eurospin, arricchite il giorno dopo con una sfiziosa sottiletta e ripassate nel microonde), riciclare gli oggetti, le letture, qualche emozione, un buon disco impolverato, persino gli amici che meritano sempre una seconda - ed anche una terza - possibilità. 

Riciclare è sforzarsi di capire, contestualizzare, individuare un'utilità relativa nel tempo, resistere all'impulso di trasformarsi continuamente gettando/acquistando/gettando, per rivalutare, fermarsi, affezionarsi e soffermarsi su ciò che già abbiamo. Riciclare è la teoria dei maker, dei manipolatori, degli artigiani digitali del XXI secolo, di chi accarezza il proprio lato sensibile e crea il nuovo partendo dal poco che possiede, condendo la materia prima più vecchia con un misto unico, originale, profondamente umano di bisogno e creatività. 

Riciclare diventa allora ricchezza, intesa come libertà di dettare i propri tempi, di resistere alle mode fagocitanti, di risparmiare risorse (di tempo, economiche) per destinarle a creare, e riciclare ancora di più in un vortice virtuoso e contagioso. Dare una seconda vita al cibo, come agli oggetti, significa sprecare meno, produrre meno muda (spreco, nel giapponese di Toyota), sforzandoci di riconoscere valore in quello che può ancora servire, fosse anche uno scopo diverso da quello per il quale è stato creato. 

Bisogni ciclici, antichi o moderni ma soddisfatti con pensiero sempre elegante e creativo: riciclare è scoprire uno sguardo nuovo, cambiare prospettiva, ricercare la storia nel vecchio e scoprirvi quello che può fare di noi una persona nuova, ogni giorno.

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